La presidente nazionale di Italia Nostra, Antonella Caroli, il Consiglio Direttivo Nazionale, il presidente del…
(di Paolo Lanapoppi, redattore di questo sito)
Il Gazzettino di domenica 4 ottobre pubblica un editoriale del capocronaca Davide Scalzotto a proposito delle polemiche sulle navi da crociera. Lo riproduciamo qui sotto. Giusto, e anzi molto utile, che un giornale dica la sua. Ma questa volta l’autore è scivolato su toni che non sembrano adatti alla semplice presentazione di un punto di vista. Sembrano uscire dall’atmosfera spesso esaltata e inutilmente offensiva alla quale ci ha purtroppo abituati la polemica politica degli ultimi decenni. Bene sostenere che le navi devono restare a Venezia; è un’opinione sbagliata ma legittima. Però chi la pensa diversamente forse merita qualche rispetto. Che senso ha accusarli di essere “pasdaran a tutti i costi” e “improvvisati salvatori della patria”? Ci ha mai visto agitare fucili in preda al fanatismo? “Improvvisati” poi, quell’aggettivo non può che ferire (come forse intendeva) chi da decenni studia con pazienza sui testi e sui fatti il declino della vita cittadina e l’invasione di un’economia sgangherata e improduttiva. Nella generale ebbrezza consumistica forse la voce di chi indica strade diverse sarà poco popolare al momento, ma non è né improvvisata né fanatica.
Quanto al merito della questione, dirò solo una cosa. Basta guardare alcune di quelle navi per capire che con la nostra città non hanno nulla in comune. La loro vista perpetua l’immagine di una Venezia oggetto d’invasione turistica, non residenza dai caratteri unici al mondo. Rappresentano una ferita e uno sgorbio. I loro passeggeri, per buone che siano le loro intenzioni, affollano ulteriormente le calli e i campielli che già scoppiano per il sovraccarico. Chi li vuole a tutti i costi non si rende conto che sacrifica la bellezza, la storia, l’arte e la poesia. Che una Venezia preservata dagli eccessi di turismo può continuare a costituire un faro luminoso per il resto del mondo invece di diventarne, come già accade in tutti i media più prestigiosi, l’oggetto di compassione e dolore.