Riportiamo un'intervista a Lidia Fersuoch, presidente della sezione al tempo del restuaro del Fondaco…
(Immagine: Le tre grandi porte a mare del forte dell’isola, con alcune delle “cannoniere” laterali). ,L’isola di Sant’Andrea, alle porte della città sul lato del mare, con il suo forte cinquecentesco
disegnato dal’architetto Michele Sanmicheli, oggi abbandonata e in preda a un degrado quasi totale, sta per ritornare a nuova vita. Venerdì prossimo 11 dicembre sarà firmato l’accordo tra il Comune e il Demanio per la valorizzazione dell’isola, accordo al quale seguirà il trasferimento ufficiale della proprietà dal Demanio al Comune di Venezia. Ma quel che più conta, con quel passaggio potrà iniziare anche un lavoro di restauro e bonifica ad opera di Vento di Venezia, la società che ha già fatto risorgere l’isola della Certosa instaurandovi un’attività di cantieristica tradizionale e aprendo al pubblico il vasto giardino dopo averlo reso agibile. Vento di Venezia ha presentato al Comune un protocollo d’intesa, in base al quale s’impegna a condurre su Sant’Andrea le necessarie bonifiche di residui bellici e d’amianto, aprendo il forte e il resto dell’isola all’uso pubblico come Parco Urbano.
L’isola rappresenta una tessera importantissima nel mosaico della storia di Venezia, dalla creazione del forte di Sanmicheli (con le sue quaranta cannoniere a fior d’acqua lungo un fronte di trecento metri) alla presenza di Giacomo Casanova prigioniero della Repubblica nel 1743, fino all’unico intervento dei cannoni del forte, avvenuto nel 1797 affondando il vascello francese “Libérateur d’Italie” e causando indirettamente la caduta della Repubblica. Vento di Venezia intende rendere nuovamente fruibili il complesso e la sua storia, come sta già accadendo per l’isola della Certosa. Leggete qui sotto l’articolo sulla Nuova Venezia.
Da un sito della Provincia di Venezia traiamo questa citazione dalle Memorie di Giacomo Casanova sul suo soggiorno forzato nell’isola:
Mi condussero nella mia camera; era grande, al primo piano, e aveva due finestre dalle quali potevo godere una vista superba. Vi trovai il mio letto e vidi con piacere il mio baule che non era stato forzato e del quale avevo le chiavi. il maggiore aveva avuto l’attenzione di farmi mettere sul tavolo tutto l’occorrente per scrivere. Un soldato schiavone venne a dirmi che sarebbe stato al mio servizio e che lo avrei pagato quando avessi potuto, perché tutti sapevano che ricevevo solo dieci soldi.(…)
La fortezza, dove la Repubblica teneva di solito una guarnigione di cento schiavoni invalidi, ospitava allora duemila albanesi, chiamati Cimarioti. Il ministro della guerra che a Venezia chiamano Savio alla Scrittura li aveva fatti venire dal levante in occasione di una promozione. (…) Il più orripilante, era il tenente colonnello, cui mancava letteralmente un quarto di testa, in quanto aveva perduto un orecchio, un occhio e la mandibola.
Ciononostante parlava con tono allegro, mangiava di buon appetito ed era di carattere gioviale. Aveva con sé tutta la famiglia che era composta da due ragazze, che il costume nazionale rendeva ancora più graziose, e da sette maschi, tutti sotto le armi… (…) Nel forte vivevano anche cinque o seicento donne e un gran numero di bambini…”
¹tratto da: Giacomo Casanova, Memorie scritte da lui medesimo, Garzanti, Milano, 19803, pp. 100-102