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(Immagine: l’entrata del Palazzo dei Dieci Savi, storica sede del Magistrato alle Acque ai piedi del ponte di
Rialto). Per fortuna i dipendenti sono coscienziosi, capaci e responsabili. Altrimenti sarebbero problemi
gravi non solo per la segnaletica dei canali lagunari, per i pericoli di chi naviga in laguna, per i controlli sulla dinamica delle acque, ma perfino per pagare il canone di assegnazione dei posti barca. “Con un tratto di penna”, come scrive Vitucci sulla Nuova Venezia, la secolare istituzione del Magistrato alle acque è stata cancellata” (dopo essere stata macchiata, ci sia permesso di aggiungere, da episodi che hanno condotto alle inchieste giudiziare ancora parzialmente in corso).
Con incredibile indifferenza verso i principi della sana amministrazione, quel tratto di penna non è venuto
dopo che si fosse stabilito se e in che modo i poteri cancellati dvessero essere sostituiti. In una specie di Otto Settembre burocratico si sono lasciate le cose in uno stato di confusione molto poco edificante. L’articolo che riportiamo cerca di districare la situazione dopo che i poteri del Magistrato sono stati trasferiti, sulla carta, alla sezione regionale del Provveditorato alle opere pubbliche, branca del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), e precisamente all’ufficio chiamato Provveditorato Interregionale per le opere pubbliche di Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia. Ma, come illustra bene l’articolo, la confusione di poteri ha creato una grave situazione di “inmmobilismo decisionale”.

Magistrato paralisi

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