Pdl 244 - Presentazione delle richieste di emendamento di Legambiente, Italia Nostra e WWF
Ma per favore non andate a indagare su quanto sta accadendo pochi centimetri più sotto. Quasi un secolo di attività industriali intense hanno lasciato migliaia di ettari avvelenati in profondità. L’acqua penetra, cola giù nelle falde e inquina tutto ciò che trova. Con la crisi industriale le fabbriche se ne sono andate lasciando una terra desolata e qualche contributo quasi simbolico per la bonifica. Occorrerebbe scavare quei fanghi tossici, trattarli e rimetterli a posto, ma i costi sono stratosferici. Allora lo Stato decide di “mettere in sicurezza”: il che significa piantare chilometri di palancole nel perimetro dell’intera zona, sperando che l’acqua inquinata non passi sotto (sono lunghe 12 metri). Sopra il suolo si posa invece un bel tappo d’asfalto, sperando che non si consumi troppo presto.
Eppure anche quelle misure così ridotte, super-essenziali, non si riesce a portarle a compimento. Da vent’anni ci si lavora, o si dice di farlo (la prima legge è del 1998). Finora si è costruita una barriera di palancole che è solo parziale e ha già cominciato a deteriorarsi prima di essere completata. Bell’esempio di pubblica amministrazione, mentre ex presidenti di Regione ed ex Magistrati alle Acque sono stati incriminati per corruzione.
E adesso, maggio 2016, arriva una commissione parlamentare di cui fa parte anche una senatrice veneziana, Laura Puppato. Si constata l’urgenza di porre fine ai (pur insufficienti) lavori. Lo Stato ci ha già speso 780 milioni, ma la spesa diventa inutile se l’opera non si porta a termine. Mancano 250 milioni, che devono essere a carico di tre autorità: Comune, ex Magistrato alle acque (ora Provveditorato regionale) e Autorità portuale. Ma le tre autorità non hanno i soldi, che a quanto si capisce dai giornali devono comunque arrivare da Roma
(si legge che in aprile 2016 il ministro Galletti aveva “garantito l’arrivo a breve dei 250 milioni necessari per completare la protezione”).
Intanto veneziani e turisti continuano a vivere ai margini di una vera bomba ecologica, a percorrerla a vela e a motore, a pescarvi le seppie e le orate, a coltivarvi le vongole. Speriamo nelle maree purificatrici, che saranno forse più benevole delle autorità costituite.
Trovate qui sotto alcuni articoli dalla Nuova Venezia di oggi 6 maggio che ben descrivono la situazione.