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(Immagine: Salizada Sant’Antonin. Fino a pochi anni fa il primo negozio era un macellaio, Luciano, e il secondo un negozio di frutta e verdura, di cui mantiene ancora un vestigio sotto forma di qualche cassetta di mele). Ancora una volta è il professor Fabio Carrera, con il suo piccolo esercito di laureandi di un politecnico americano, che riesce a descriverci con precisione lo stato di fatto della nostra città, facendo un lavoro che da decenni avrebbe dovuto essere fatto dalle amministrazioni pubbliche. Questa volta è il turno dei negozi cittadini, catalogati e aggregati per località, per tipo di merce e per nazionalità dei titolari. Risulta che i titolari di licenze commerciali sono 2.461, dei quali 1.300 di nazionalità italiana e 1.162 stranieri, con prevalenza di cinesi (354) e bengalesi (248). Nell’articolo della Nuova Venezia che riportiamo qui sotto si trovano i dettagli. Su molti di questi esercizi commerciali ora il Comune dovrà intervenire per applicare il recente decreto nazionale cosiddetto “anti-paccottiglia”. In questo modo si riuscirà forse a limitare i danni (in misura minima), ma non a colpire la causa del fenomeno, causa che consiste nell’aumento vertiginoso del turismo di massa, che crea la domanda di quel tipo di negozi. Finché non si interverrà sul turismo di massa (escursionismo di poche ore e affitto di appartamenti per poche notti) il destino di Venezia non potrà cambiare. Tali interventi non sono così irrealistici come potrebbe sembrare. Per gli escursionisti basta cominciare dai gruppi organizzati e per gli appartamenti basta fare come Barcellona, Berlino, San Francisco, ponendo un numero di notti all’anno come limite concesso (per esempio 90 notti l’anno). In tal modo di incentiverebbe l’affito per residenti e di conseguenza paccottiglia e ambulanti perderebbero l’interesse commerciale.
Riportiamo qui anche un’intervista con Matteo Secchi , storico co-gestore del sito venessia.com, che con lapalissiana chiarezza ripete quanto anche noi andiamo dicendo da anni (trovate qui sotto l’articolo): “… Se diamo la possibilità a tutti i possessori di immobili di affittare ai turisti qui ci cacciano tutti, nessuno guarda in faccia nessuno quando ci sono di mezzo i soldi e chi agisce per il bene della città sono pochissimi, ognuno pensa solo al proprio guadagno spicciolo personale fregandosene degli altri veneziani e della civiltà veneziana. Sono gli stessi che poi scendono in calle in nome della tradizione”. Ecco un veneziano che sa bene di che cosa parla. E’ chiaro che non si può appellarsi al senso di “venezianità” dei proprietari di appartamenti; occorre invece rendere più conveniente affittare a residenti che a stranieri. Si vedrebbe allora che un gran numero dei 30.000 lavoratori che ogni giorno vengono a Venezia per lavoro sarebbero ben felici di ritornare a vivere nella città dalla quale l’economia li ha scacciati.

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