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(Immagine da 4ever.it). Da una parte la notizia è buona, anzi buonissima: con una spesa molto limitata (un sesto della millesima parte del costo del Mose) si può mettere al riparo dall’inondazione una buona parte della basilica di San Marco (più esattamente del suo nartece) se non in modo totale almeno per il 70 per cento del tempo. Ma dall’altra parte ci rimane nella mente un familiare fondo di amarezza: non si tratta di tecnologie futuristiche, ma solo di buona competenza e buon senso: perché ci sono voluti cinquant’anni dall’alluvione a pensarlo, mentre si spendevano cinque miliardi per un’opera che è ancora incompleta e ancora contestata? Non si vedeva durante quei cinquant’anni che il nartece di San Marco va sott’acqua per 900 ore all’anno?
Il nartece è la parte frontale della basilica, quel grande porticato che sta davanti all’entrata. Dal dizionario Treccani: In architettura, parte della basilica paleocristiana e bizantina riservata ai catecumeni e ai penitenti: è costituita da un vestibolo per lo più addossato all’esterno della facciata (più raramente ricavato all’interno di essa), che dal punto di vista architettonico può consistere in un colonnato aperto o in un semplice triforio fiancheggiato da pareti piene; nelle chiese occidentali medievali e moderne, il vestibolo antistante la facciata si indica piuttosto con il nome di pronao o con quello più generico di atrio.

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Questo articolo ha un commento

  1. Sarei cauto nel considerare la proposta come la panacea che risolve i problemi dell’acqua alta nel Nartece.
    Ogni soluzione deve essere valutata con estrema cura verificando che l’intervento ipotizzato non presenti delle controindicazioni con effetti conseguenti non previsti.
    A maggior ragione per quanto riguarda un eventuale intervento su tutta l’area di piazza San Marco.
    Adriano

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