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(Immagine: il futuro della gronda lagunare secondo Paolo Costa). La Nuova Venezia ha pubblicato in questi giorni due articoli molto interessanti sul presente e futuro del porto commerciale di Venezia. In realtà si tratta dell’esistenza stessa della laguna di Venezia e del destino economico della città, con decisioni il cui impatto è paragonabile a quello dell’introduzione delle aree industriali a Marghera nella prima metà del Novecento. La costruzione del grande porto d’altura (porto offshore) invocata da Paolo Costa significa infatti portare il traffico merci da 300 mila a sei milioni di container l’anno (fino al 2015 Costa parlava di tre milioni, ma ora sale a sei), il che significa impegnare tutta Marghera e il retroterra nella movimentazione e parcheggio dei container e più ancora nell’ospitare centinaia di gru e chilometri di strade carrozzabili e ferrovie, indispensabili per l’immenso volume di traffici. Questa è un’ ovvia alternativa alla riconversione di Marghera come sede di centri di ricerca di aziende di produzione di beni di avanzata tecnologia. Significa anche impegnare la laguna nel trasporto di chiatte porta-container dalle navi ormeggiate in alto mare. Insomma siamo di fronte a una scelta epocale, che rischia di essere compiuta senza alcuna partecipazione dei cittadini salvo quelli direttamente coinvolti nei lavori.
Nei due articoli che riportiamo il presidente del Porto di Trieste (ed ex presidente di quello di Venezia), Claudio Boniciolli, spiega perché a suo avviso il progetto di Costa è “inutile e assurdo” dal punto di vista tecnico. E’ un’opinione che condividiamo anche se è ovviamente dettata dal fatto che Venezia sarebbe una concorrente di Trieste per i traffici portuali; a quelle motivazioni aggiungiamo però quelle (che ai presidenti dei porti sembrano essere del tutto sconosciute) che riguardano la protezione dell’ambiente lagunare e della vita socio-economica di Marghera e del territorio. All’intervista di Boniciolli risponde oggi 10 gennaio Paolo Costa con un’altra intervista sullo stesso giornale. Riportiamo entrambi i testi, mentre ribadiamo la nostra convinzione che il destino di Marghera e di Venezia va considerato in tutt’altro contesto, su scala nazionale, con il contributo delle migliori forze scientifiche del Paese e con una chiara idea del potenziale valore di tutta la gronda lagunare come sede di aziende rivolte verso il futuro della nostra economia e della nostra società.

 

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