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(Immagine di Italia Nostra Venezia). Molto pessimistico sul presente e futuro di Venezia l’articolo di Ernesto Galli della Loggia comparso sul Corriere della Sera di ieri 15 febbraio e ripreso o condiviso innumerevoli volte nei social networks.
Venezia, scrive l’autore, è diventata il “simbolo massimo” del “collasso del patrimonio urbano, paesaggistico e artistico” del nostro Paese. L’analisi è lucida, precisa, ben documentata. C’è di che far arrossire e vergognare qualsiasi sindaco presente e anche passato, mentre il nostro Brugnaro osa ancora rivolgersi all’Unesco di Parigi con toni quasi trionfalistici. L’autore accetta, come ormai tutti i media cominciano a fare, la cifra di 30 milioni come realisticamente indicativa del numero di turisti per anno (cifra da noi avanzata, forse per primi, fin dal 2013). Ha capito tutto sulle “vere o finte seconde case, bed and breakfast clandestini, microappartamenti alla giornata”. Giunge alla conclusione, molto ben documentata, che “Venezia è ormai irrimediabilmente una città fantasma”. Riportiamo qui sotto l’articolo nella forma online e anche in pdf nella forma pubblicata sul giornale cartaceo (più duratura). Aggiungiamo di nostro solo questo: il vostro redattore, che a Venezia ci vive e vuole continuare a viverci, non può che essere dolorosamente d’accordo con la diagnosi infausta. Proprietario di due barchette lagunari, non può usarle perché laguna e canali sono invasi dai distruttivi mezzi turistici. In città non può rimanere perché sta arrivando il carnevale e strade, ponti, vaporetti sono stracolmi. La passeggiata sul lungolaguna è diventata una tortura per via delle bancarelle e dei finti pittori. I figli degli amici sono tutti in cerca di lavoro in altre città salvo quelli che ereditano la licenza di gondoliere o tassista. Resta, anche in queste giornate d’inverno, il canal Tresso: dietro il Lazzaretto Nuovo, un’ansa del vecchio canale lagunare con Burano e Mazzorbo sullo sfondo, molta laguna e molto silenzio. Finché una di queste estati i motoscafi a due piani scopriranno anche quell’angolo.

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