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Com’era da aspettarsi, l’assessore al Turismo Paola Mar, d’accordo con il sindaco, sta per proporre proprio le misure che meno agiranno per il contenimento dei flussi turistici e che invece mirano a danneggiare anche le poche zone della città che sono invase solo parzialmente e che per questo mantengono ancora una parziale identità veneziana. Di fronte alle richieste dell’Unesco e alle proteste della popolazione residente, soffocata dalle invasioni quotidiane, il Comune rifiuta decisamente di indicare un tetto massimo alle presenze turistiche o qualsiasi altra forma di “numero chiuso”. Si propone invece di agire nelle situazioni eccezionali (i “momenti di punta”), quando le gente ormai è arrivata, e di dirottare una parte dei flussi “anche in altre zone della città meno frequentate ma non meno belle, come quella di Castello, spalmando i flussi” (citiamo dalla Nuova Venezia). Nessun accenno ai vaporetti stracolmi, alle calli intasate, ai negozi di souvenir, alla vita in città divenuta impossibile. Per un colmo d’ironia, il sindaco si propone di spendere somme considerevoli per… un meccanismo capace di contare le persone presenti, come se ci fosse bisogno di sensori elettronici per constatare che la Strada Nuova è un fiume di persone o che il ponte della Paglia è un imbuto intasato. Si spenderanno soldi per contare, e intanto si cercherà di riempire anche gli angoli dov’è rimasto un po’ di spazio. Se non cambiamo amministrazione, questo sarà il destino di Venezia.

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