Sino a pochi anni fa non conoscevo personalmente l’architetto Renato Padoan. Ne avevo sentito parlare sin da piccola, in famiglia, come esempio preclaro di soprintendente di grande spessore e coraggio, un soprintendente di ferro, come si diceva allora.
Ero dunque contenta di andare a conoscerlo, come da suo invito, un giorno del 2014, per parlare con lui dei problemi di Venezia e della Laguna e dell’attività di Italia Nostra.
Grande emozione mi colse quando l’architetto, senza tanti preamboli, mi annunciò la sua volontà di donare alla Sezione di Venezia la sua abitazione.
Seppi poi che, avendo considerato più opzioni, aveva scelto noi, per profonda comunione di visioni e di intenti. Un onore grandissimo e una responsabilità altrettanto grande: non si trattava solo di custodirne la memoria, la biblioteca, il ricordo della sua attività, ma di aprire una finestra sul futuro.
Nel suo appartamento, infatti, l’architetto voleva trovasse sede, assieme alla nostra Sezione, un Centro culturale e di azione di cui scelse anche il nome: Centro di studio e di attività volto principalmente alla difesa, alla conservazione e alla valorizzazione di Venezia e della sua Laguna. Ne definì anche precisamente lo scopo, che doveva consistere «in un controllo costante delle decisioni e iniziative adottate o previste da enti e istituzioni pubbliche anche locali (Soprintendenze, Magistrato alle Acque, Amministrazione Comunale, Regione, ecc.) e conseguentemente in un’azione di critica e di contrasto, qualora tali atti venissero ritenuti di danno alla città e al suo patrimonio artistico, monumentale e ambientale. Nel contempo potranno essere promosse iniziative, anche pubbliche, di studio e conoscenza». Un grande impegno per il futuro.
Recentemente è stato eletto un nuovo presidente nazionale di Italia Nostra che ha fatto avere all’architetto, nei suoi estremi giorni, una lettera affettuosa di saluto.
Ve ne leggo un breve estratto.
«Gentile Architetto, come nuovo Presidente di Italia Nostra fra i primi atti della Giunta nazionale di recente insediatasi ho voluto dar seguito al voto già espresso dal Consiglio direttivo Nazionale di pubblicare il volume in Suo onore: Renato Padoan, una vita per Venezia.
Nell’attesa di incontrarLa personalmente, desideravo esprimerLe in tal modo la profonda e commossa riconoscenza della nostra Associazione per l’importante donazione che lei volle fare alla Sezione di Venezia e a Italia Nostra tutta.
È preciso e inderogabile impegno mio e dei presidenti futuri dare attuazione alle Sue volontà, affinché la Sua splendida abitazione di Palazzo Bollani diventi ancora centro di riflessione e di feconda operatività per Venezia. Così come lo fu quando Lei guidava la Soprintendenza Veneziana, così la nostra Associazione e la Sezione di Venezia, traendo spunto dal Suo limpido esempio, sapranno dar vita e impulso a quel Centro di ricerca e di tutela che lei ha pensato per la città.
Il suo gesto di grande generosità contribuirà efficacemente alla difesa, alla conservazione e alla valorizzazione culturale di questo patrimonio d’arte e di cultura dell’umanità intera»
Addio carissimo architetto Renato. Un nuovo futuro attende la sua casa, un futuro però saldamente ancorato a lei, al suo operato e ai suoi insegnamenti.
Lidia Fersuoch
Sei stato il mio primo Soprintendente, il primo Soprintendente di noi assunti a fine anni Settanta. Anni molto diversi dagli attuali (si scriveva ancora con la carta carbone, senza computer e fax), anni in cui noi giovani avevamo quel particolare entusiasmo e quella voglia di cambiare il mondo, magari anche con un po’ di presunzione. Un dialogo a volte difficile con chi aveva un’altra età e un’altra formazione. Ma abbiamo apprezzato il tuo accettare il confronto, il tuo cercare di comprendere.
Ho potuto capire da vicino il tuo reale senso dello Stato; la tua profonda conoscenza della città – la tua amata città – in ogni sua pietra e mattone; la convinzione già da allora che senza i suoi abitanti e le sue attività tradizionali Venezia perdeva la sua essenza; il preferire stare nei cantieri a fianco delle maestranze con cui instauravi rapporti di amicizia e stima, a contatto con materiali e tecniche tradizionali, piuttosto che scrivere libri; il cercare di salvare anche le piccole ma importanti cose come può essere un glicine (il glicine di San Provolo, ricordo), non badando se ciò rientrava nelle nostre competenze.
E il batterti nel contempo contro i poteri forti e i devastanti progetti per far prevalere la tutela agli interessi, pagando di persona. Un’amica finlandese dei Comitati privati mi ha scritto: “era una gioia collaborare perché aveva un gusto perfetto, un intuito sicuro e non aveva paura di dire ‘no!’ malgrado le pressioni”.
Tra le tante memorie di quegli anni, ricordo ancora le parole di un ispettore onorario con cui eri andato a fare un sopralluogo: era rimasto colpito dalla tua competenza ma in particolare dalla tua sensibilità e da come avevi accarezzato il volto – pur se di pietra – di una statua.
Una grande sensibilità la tua verso l’arte, la natura (coltivavi nelle tue terrazze tante piante con passione e perizia), verso l’umanità soprattutto quella più umile e sofferente, gli anziani (commovente il saluto che ti hanno dato prima i tuoi “colleghi” della Casa di riposo) e i bambini (nei tuoi pensieri c’erano Elisa e Riccardo che hai visto nascere e crescere nell’appartamento sotto), verso gli animali (in particolare gli amati colombi e nel cuore avevi il ricordo di quel gatto di una vicina che per ore si accucciava accanto a te senza chiedere nulla). Sensibilità perfino verso le cose che non volevi venissero frettolosamente consumate e gettate e che aggiustavi con un’attenta manualità che mettevi anche nel rito del fare il pane.
Sono arrivati vari messaggi in questi tristi giorni, da Berengo Gardin che ospitavi nella tua casa affacciata sul Canal Grande per fotografare lo scorrere delle stagioni alla signora anziana che ti aveva conosciuto in ospedale. E tutti hanno ricordato questa tua particolare sensibilità, unita a gentilezza, umiltà, un’attenta ma mai pesante ironia e il non voler – purtroppo testardamente – esser di peso e di disturbo agli altri.
Grazie per quanto hai fatto e dato, in particolare, a questa nostra città e alla sua Laguna. E a noi. E a me, sfidando anche le convenzioni di un mondo cultural-salottiero a cui preferivi non appartenere. Il lento frusciare dei remi nell’acqua lagunare ti accompagnerà nell’ultimo viaggio verso la tua famiglia, che tanto amavi.
Cristina Romieri
https://youtu.be/7clD6zEm9xo