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Invitiamo a leggere l’Editoriale del Presidente nazionale di Italia Nostra, pubblicato sul n°497 del Bollettino (qui in versione integrale pdf)

L’aspirazione ad una città bella, diritto dei cittadini in una ritrovata democrazia, si è inverata nei lunghi decenni della prima Repubblica nell’esercizio della pianificazione urbanistica assegnata a Sindaci e Consiglieri comunali, quale loro massima responsabilità politica. Una città bella, ove bellezza sta per conservazione del centro storico e della città storica, verde, parchi, alberi ed alberate, decoro, alto grado di mobilità ed equità nella distribuzione dei benefici.

La pianificazione urbanistica è nel DNA di Italia Nostra. E non a caso le più grandi battaglie condotte sotto i nomi di Cederna, Fazio, Bassani, Ravenna, Iannello, ecc. riguardano clamorose vicende urbanistiche, dall’Appia alle mura di Ferrara, dai centri storici di Venezia e di Napoli, al sistema dei parchi metropolitani di Roma (1996 – 24.000 ha) attraverso clamorose varianti di salvaguardia delle aree di prevalente interesse storico e paesistico.

La tradizione è continuata con battaglie vinte e perse; la legge Ponte che segnò la conservazione dei centri storici e la prevalenza degli interessi generali, la legge Galasso con i suoi ritrovati piani paesistici fino alla mancata legge sul regime dei suoli, la nostra più irrimediabile sconfitta. Eppure alla vigilia della sua morte Antonio Cederna dichiarava a voce e sulla stampa che l’esproprio delle aree fabbricabili doveva essere alla base di una sana pianificazione. A significare che ancora a metà degli anni ’90 la pianificazione urbanistica era tema centrale del dibattito politico.

La seconda Repubblica segna, ahinoi, una drammatica inversione di tendenza. Il liberismo economico spazza via ogni antica certezza sui ruoli e le funzioni del potere pubblico. L’urbanistica viene privatizzata per portarla a una lenta eutanasia.

L’urbanistica contrattata, il “pianificar facendo”, le compensazioni, le deroghe, le leggi speciali per i grandi eventi, gli accordi di programma sono le medicine che invece di curare il malato lo uccidono. È la rivincita dello strapotere finanziario immobiliare che cavalca l’onda del mainstream dell’efficienza privata avverso l’inefficienza pubblica.

È del 21 dicembre 2017 la legge urbanistica della Regione Emilia Romagna: il Piano Urbanistico Generale (PUG), privo di contenuti prescrittivi, si riduce a una generica indicazione di obiettivi strategici e la sua attuazione avviene esclusivamente attraverso la stipula di accordi negoziati con i privati interessati, ove di volta in volta si assegnano e si creano le nuove cubature edificabili, fuori da ogni regola precostituita.

È per questo che oggi noi tutti siamo decisi più che mai allo scontro per riaffermare gli interessi generali, i diritti dei cittadini e l’esercizio di un pubblico potere nel governo delle aree e del territorio, con tutti i necessari punti di riferimento, le garanzie, i controlli e la pubblica partecipazione.

Per questo stiamo salendo affannosamente i gradini di tutti i tribunali d’Italia, contro le deroghe dello Stadio della Roma, contro la svendita delle aree ferroviarie di Milano, contro la speculazione sullo storico ospedale Galliera di Genova, contro i porti che distruggono le spiagge a Savona, contro la speculazione dell’eolico e fotovoltaico nelle aree agricole, in precostituita deroga ai PRG.

 

Oreste Rutigliano

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