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DOMANI la Commissione per la Salvaguardia di Venezia voterà un progetto che rappresenta un giro di boa definitivo per la Laguna.

Se il progetto passasse, quanto è stato disposto dalle leggi speciali, cioè agire sulle cause del degrado della Laguna, non si potrebbe più fare per i secoli a venire.
L’intervento di armare con palancolate di ferro alte 9,5 metri le sponde del Canale dei Petroli sancirebbe definitivamente il degrado, lo squilibrio e la divisione in due della Laguna.
Inoltre il progetto si configura con i soliti criteri di urgenza: è lo stralcio di un progetto generale MAI approvato, che prevede anche scogliere. Progetto che è stato bocciato nel 2013 dal Ministero dell’Ambiente.

Speriamo almeno in un ripensamento e in una più seria valutazione delle conseguenze di esso sulla Laguna da parte della Salvaguardia.

Lidia Fersuoch, 4.11.2018

Per riflettere sul Canale dei Petroli in particolare e sulla Laguna in generale, abbiamo promosso – con la Municipalità di Venezia, Murano e Burano – l’incontro pubblico svoltosi lunedì in Sala San Leonardo.
IERI, la sala piena e attenta nonché la rassegna stampa puntuale (vedi link fondo pagina) provano che il tema della tutela ambientale in questa città è OGGI vivo e sentito.
Pubblichiamo di seguito le riflessioni dei consiglieri Susanna Kuby, presente tra il pubblico, e Stefano Boato, intervenuto tra i relatori.

 

Riequilibrare la Laguna di Venezia?

È ancora possibile? Ma cosa fare per salvaguardare questo unico ambiente vitale della città?
In Sala San Leonardo lunedì si sono riuniti per l’ennesima volta i cittadini di Venezia sensibili al futuro sempre più compromesso del loro habitat lagunare. La Municipalità di Venezia, Murano e Burano e Italia Nostra hanno invitato autorevoli esperti in materia per un confronto sulla complessa tematica del riequilibrio lagunare messo ormai in grave pericolo dai canali navigabili esistenti e dalle navi sovradimensionate che vi passano e dai piani del Porto per approfondire ulteriormente quei canali e fortificarli addirittura con palancole di ferro e scogliere. Ci sono già le sempre più invadenti acque alte, la scarsa manutenzione della Laguna e la crescente convinzione dell’inadeguatezza del Mose, l’opera infinita che ha già drenato tutte le risorse pubbliche disponibili e minaccia ulteriori sprechi.
Per ben tre ore i relatori hanno messo in rilievo non solo le criticità dello sviluppo lagunare dopo la prima industrializzazione e poi dopo il disastro del 1966, ma anche l’enorme difficoltà politica di tradurre lo spirito riparatore dei provvedimenti previsti dalle Leggi Speciali 1973 e seguenti in un contesto politico sempre più soggetto ad altre priorità, quelle del rapido profitto per pochi. E queste ultime priorità sembrano prevalere anche ora, nonostante lo scandalo del Mose, che ha offuscato l’immagine della città rendendo esplicita l’incapacità dei responsabili di governare Venezia nell’interesse generale di una più ampia prospettiva cittadina, nazionale e mondiale.
Eppure le soluzioni alternative al big business portuale ci sarebbero, spiegano gli interventi di Lidia Fersuoch, Maurizio Ferla, Lorenzo Bonometto, Stefano Boato e Antonio Rusconi, che richiama anche la necessità di aggiornare finalmente gli strumenti di pianificazione generale, pure nel contesto europeo, dopo lo stop al Piano Morfologico della Laguna, anche questo un pressante compito politico.
La possibilità rilevata a chiusura dell’incontro da Andreina Zitelli, che l’imminente approvazione definitiva del progetto del Porto sullo scavo del Canale dei Petroli possa venire ancora ostacolata dal Ministero dell’Ambiente, che richiede ulteriori accertamenti (VINCA/VIA/VAS) e aprire qualche speranza, viene contrastata dalle prospettive apocalittiche presentate all’inizio da Georg Umgiesser circa l’innalzamento del livello dei mari già in atto e un’ulteriore crescita che metterà fuori servizio tra qualche decennio anche il Mose, se mai dovesse entrare in funzione. L’inevitabile chiusura definitiva della Laguna provocherebbe tra altro la separazione della città dal contesto lagunare e quindi la fine di questa laguna storica. Ma in ogni caso anche la situazione attuale richiede – per lo stesso riequilibrio della Laguna – un profondo ripensamento delle prospettive politiche ed economiche della città.

Susanna Kuby, 28.11.18

Riequilibrare e riqualificare la Laguna si può e si deve (anche se il mare si alzerà) 

In rapporto alla necessità di riequilibrare e riqualificare la Laguna, una premessa. In merito al previsto innalzamento del livello dei mari di ca 50 cm per la fine del secolo (IPCC), ricordo che più volte dal 2000 abbiamo cercato (con la politica e con il Ministero dell’Ambiente) di far decollare la ricerca e la sperimentazione sulla possibilità di alzare parti a insula di Venezia con inserimento di fluidi a piccole profondità (come è stato fatto su Poveglia) per la difesa senza delimitazioni fisiche dell’acqua alta su ambiti circoscritti, come funziona a Pellestrina e Chioggia e come dovrà funzionare nell’insula di San Marco (in questi mesi si è riusciti a far avviare il nuovo progetto) e a Burano.
Con minori certezze (problemi di fattibilità e di rischi) vi è anche l’ipotesi di agire a grandi profondità (ca 800 m.) per sollevare l’ambito di tutta la città (si veda il progetto del prof. Gambolati) avviando una verifica con una sperimentazione prudente.
Il Consorzio Venezia Nuova è sempre riuscito a bloccare ogni proposta di questo tipo, vista come pericolosa alternativa concorrenziale al MoSE.
Ora, dopo lo scandalo e il commissariamento del CVN e dopo le più pressanti previsioni sui cambiamenti climatici e il previsto innalzamento dei livelli dei mari, la cultura, la scienza e la politica devono riprendere in mano la possibilità di queste sperimentazioni per una prospettiva di tempi lunghi.
Tutto questo non è per nulla  in contraddizione con il dovere di rispettare e attuare le innumerevoli norme che impongono di riequilibrare e riqualificare la Laguna.
Molte sono le cause del dissesto ambientale, morfologico e idraulico della Laguna (inquinamento, pesca alle vongole, moto ondoso da natanti e da vento, ecc.) ma in particolare per la causa principale sono documentati i disastrosi dissesti provocati dal Canale dei Petroli dal centro Laguna sino a quasi Venezia e alla Laguna sud. Disastri ancor oggi negati dall’ing. Daniele Rinaldo (progettista dal 2013 del marginamento del Canale dei Petroli) e sottaciuti dall’ing. Scotti (progettista del MoSE) che proclama impossibile il riequilibrio della Laguna.
Il Porto di Venezia intanto ripropone l’approfondimento e l’allargamento delle bocche di porto (ora della conca) e dei canali portuali per navi sempre più grandi per passeggeri e per container.
E ora cerca anche di separare il Canale di Petroli dalla Laguna e irrigidirlo con palancole e scogliere in pietrame. Vedi allegati 1 (Bocche) e 2 (Canale di Petroli).
Nei decenni si è riusciti a precisare le leggi speciali (vedi leggi 1992 e 1995), a imporre il Primo Piano Morfologico (1993), a rielaborare il PALAV (1995) e in particolare a dare prescrizioni unanimi della Salvaguardia (2003) su come progettare la riqualificazione del Canale dei Petroli (vedi allegato).
Ma tutto questo non viene rispettato e attuato.
Poche e minime operazioni di riqualificazione si sono avviate solo in Laguna nord: per introdurre acqua dolce (troppo poca) dal Taglio di Sile per far rinascere i canneti (e formare nuovi sedimenti torbosi) e per ripiantare e diffondere le fanerogame.
Ma sui temi più legati a interessi economici la situazione non riesce a fare passi avanti: i tassisti sono riusciti a far revocare l’obbligo del GPS per controllare la velocità dei natanti (era finalmente divenuto obbligatorio dopo anni), concessioni per vongolari sono state date dalla provincia in aree di fanerogame, ecc..
Il Decreto per far transitare davanti a San Marco solo navi crocieristiche piccole non si attua.
Da notare che se le grandi navi andranno fuori dalla Laguna si potrà rialzare il canale portuale di San Nicolò alla quota precedente di -8m e togliere quasi tutte le acque alte dalla Laguna nord e da Venezia.
Invece il Porto ha già progettato l’ampliamento dei bacini di evoluzione e l’irrigidimento del Canale dei Petroli con palancolate e scogliere (progetto che avevamo già fermato nel 2013 in Commissione di Salvaguardia).
Il ministero dell’Ambiente ha chiesto (come allora) di fare una VIA: questo probabilmente darà un po’ di tempo per far crescere l’informazione e affrontare a livello autorevole il problema di fondo.
Solo se si portano le grandi navi passeggeri (da limitare comunque) e i container fuori dalla Laguna sarà possibile riaffrontare la progettazione e l’attuazione del riequilibrio e della riqualificazione della stessa.

Stefano Boato, 28.11.2018

 

rassegna stampa – 27.11.208
A. Vitucci, «Canale dei Petroli killer dei bassi fondali lagunari», La Nuova Venezia;
R. Brunetti, Canale dei Petroli, il ministro vuole la VIA, Il Gazzettino;
E. Lorenzini e G. Busetto, Canale dei Petroli, guerra sulle difese «il mare si alzerà troppo, va salvata la città», Corriere del Veneto.

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