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Pubblichiamo il testo (qui in pdf) di una lettera congiunta Italia NostraSocietà Veneziana di Scienze Naturali, indirizzata ai membri della Commissione per la Salvaguardia di Venezia in vista della riunione dell’11 dicembre p.v., sul marginamento del Canale dei Petroli.

Riequilibrare la Laguna salvando la portualità si può

In questi giorni è all’esame della Commissione per la Salvaguardia il progetto di marginamento del Canale Malamocco-Marghera, o dei Petroli, mediante una barriera formata da scogliere e palancole. Le sottoscritte associazioni chiedono che il progetto venga radicalmente modificato perché in conflitto con la legislazione speciale per Venezia e con la funzionalità lagunare, essendo progettato con modalità tali da produrre un gravissimo danno ambientale. L’obiettivo di garantire la navigazione in condizioni di sicurezza può essere raggiunto attraverso soluzioni diverse, più vantaggiose per la navigazione stessa, conformi alle leggi vigenti e alla finalità di riequilibrare l’area lagunare, come di seguito specificato.

  • L’obiettivo dichiarato dall’Autorità Portuale, sostenuto anche dalla Confindustria, è quello di «assicurare l’operatività del porto nel rispetto dell’ecosistema lagunare» (precisando che si vogliono impedire gli smottamenti dei sedimenti entro il canale). Questo obiettivo è totalmente condiviso dalle scriventi associazioni che si battono da decenni, anche in specifico riferimento al Canale dei Petroli, affinché l’attività antropica sia garantita e riportata ad un quadro di compatibilità con gli equilibri lagunari;
  • il progetto in esame tuttavia va in direzione opposta a quanto dichiarato e rappresenta il consolidamento, anziché la rimozione, della causa prima del dissesto in atto (riconosciuta come tale dal Magistrato alle Acque già nel 1992). L’intervento stabilizza la condizione di squilibrio anziché tendere alla ricomposizione morfologica e funzionale della Laguna richiesta dalle leggi speciali. Il progetto prevede, a parte brevi interruzioni, la divisione della Laguna con argini emersi, cosa espressamente vietata dalla legislazione vigente («opere che in nessun caso possano rendere impossibile o compromettere il mantenimento dell’unità e continuità fisica della laguna», L. 171/1973);
  • le scriventi associazioni sono d’accordo che vengano effettuati importanti interventi sul tracciato del Canale, ma progettandoli applicando tutte le conoscenze disponibili perché risultino a vantaggio anziché a danno dell’ambiente, nel rispetto anziché in spregio delle leggi;
  • un analogo progetto presentato nel 2013 era stato fermato dallo stesso Magistrato alle Acque, che, riconoscendone le criticità ravvisate allora anche dalla Commissione per la Salvaguardia, ne aveva sospeso l’iter autorizzativo. Ma il progetto, retaggio della stagione precedente agli scandali, è stato riesumato nella fase di interregno succeduta all’abolizione del Magistrato alle Acque, per di più con la pretesa di sfuggire alla Valutazione di Impatto Ambientale. Si ritiene non ammissibile che un’opera di tale impatto, destinata a stabilizzare il dissesto nell’intera Laguna Centrale (senza rispondere all’obiettivo per cui viene proposta) e conflittuale con la legislazione vigente, non venga sottoposta a VIA;
  • è noto da almeno tre lustri che vi sono invece modalità diverse e più evolute di progettare, perseguendo contestualmente gli obiettivi della sicurezza della navigazione e del riequilibrio lagunare. Queste modalità, in recepimento di specifici studi dell’ICRAM, erano state esplicitamente prescritte dalla stessa Commissione per la Salvaguardia (voto unanime del 18 dicembre 2003): riconoscendo che le onde riflesse dalle scogliere mantengono nel canale una destabilizzazione continua del fondale, con perdite di sedimenti, insabbiamenti e necessità di periodici dragaggi, la Commissione aveva richiesto soluzioni atte a recepire anziché riflettere le energie provocate dal transito delle navi, convertendole «da elementi di aggressione a elementi di vivificazione» mediante «nuovi assetti morfologici e funzionali tali da trasformarle in fattori di rinaturazione e di nuovo equilibrio dinamico», con stabilizzazione dei sedimenti mobilitati. Ciò nonostante il progetto in esame ripropone, nell’impostazione generale e nella scelta dei materiali adottati, soluzioni superate, sommarie e indifferenziate basate su barriere, contrarie sia alla morfologia funzionale e plastica che caratterizza gli ambienti lagunari sia all’obiettivo di assicurare assetti stabili all’interno del canale stesso;
  • la correttezza e l’attuabilità delle prescrizioni della Salvaguardia sono state riprese ed evidenziate di recente in uno studio di L. Bonometto pubblicato negli Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti del 2017, che delinea un possibile scenario di riequilibrio della Laguna Centrale. Per il tratto interessato dall’opera in esame, il principio è quello di realizzare delle interfacce funzionali anziché delle barriere, con opere, relazionate alle forzanti, caratterizzate da sequenze di elementi e di interruzioni permeabili per assorbire le energie e trattenere i sedimenti;
  • si deve infine specificare che la VINCA regionale, evocata quale legittimazione dell’opera, in realtà è uno strumento di valutazione con competenza solo su aspetti floro-faunistici (marginali riguardo alla natura e alle criticità del progetto). Inoltre va ricordato che l’Istruttoria Tecnica della VINCA regionale, dopo aver evidenziato una sequenza di imprecisioni, carenze di analisi e omissioni, ha affermato che il progetto «non solo varia il grado di conservazione bensì anche lo stato di conservazione dell’intero sito, determinando per questo una incidenza significativa negativa». Questa valutazione tecnica è stata poi sorprendentemente capovolta nelle conclusioni fino a ritenere inspiegabilmente «escluso il verificarsi di effetti significativi negativi sui siti». E’ bene saperlo in attesa di una VIA con una procedura pubblica e trasparente e possibilità di osservazioni.

Per questo insieme di motivi si ritiene di massima importanza che la Commissione per la Salvaguardia confermi le prescrizioni già fornite in analoga circostanza, e col voto del 2003, prescrizioni rispettose di quanto richiesto dalla legislazione speciale per Venezia e finalizzate alla realizzazione di opere funzionali o coerenti con la riqualificazione lagunare. Ci si dichiara aperti ad un confronto nel merito per arrivare a soluzioni condivisibili che coniughino realmente l’operatività del porto con l’obiettivo del riequilibrio.
Nel frattempo si ricorda che l’urgenza chiamata in causa al fine di garantire la sicurezza della navigazione riguarda solo il dragaggio di un tratto di canale, non la realizzazione di oltre un chilometro di palancole cui seguirà la costruzione di enormi scogliere rettilinee. Si chiede pertanto che l’intervento urgente sia limitato al dragaggio, con un recapito dei sedimenti in superfici limitate e già compromesse, o nella cassa di Colmata Molo Sali (come da ordinanza n. 66 della Capitaneria di Porto del 2018), avviando al tempo stesso le procedure attuative per opere che voltino pagina rispetto a quanto finora progettato.

Per Italia Nostra, il Presidente della Sezione di Venezia – Lidia Fersuoch
Per Società Veneziana di Scienze Naturali, il Presidente – Giovanni Timossi

 

La Nuova Venezia, 7 dicembre 2018
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