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Venezia, 22 novembre 2021
Domani, martedì 24 novembre la Commissione di Salvaguardia esaminerà il «Progetto definitivo per gli interventi di protezione dall’erosione marina delle casse di colmata B e D-E, lato laguna viva».
Si tratta forse di un progetto di recupero delle casse di colmata, riconosciute ormai di notevole valore naturalistico e per il cui ripristino ambientale lo Stato negli anni’80-’90 del secolo scorso investì cospicue risorse? Pare invece che sia il primo passo verso il consolidamento e l’ampliamento del Canale dei Petroli. Il migliaio di passaggi in più di navi di grande tonnellaggio – le croceristiche, che il governo ha deciso di mandare a Marghera – aggraverà l’erosione del margine di gronda lagunare e imporrà l’artificializzazione completa del bacino centrale.
Uno studio di Zaggia e altri del 2017 ha dimostrato un’erosione media di quel margine lagunare di 3˗4 m all’anno fra il 1974 e il 2015, con una perdita notevolissima di sedimenti che sappiamo finiscono in parte nel Canale dei Petroli e in parte in mare (con la conseguenza di interrare il Canale e creare un cratere in Laguna Centrale).
Dunque l’erosione esiste ed è notevolissima. Il progetto – e i progetti che ogni tanto si riaffacciano con tonitruanti annunci di protezione dall’erosione marina – servono a evitare questo fenomeno? No di certo, servono, a costo della sopravvivenza della Laguna stessa, a tutelare la navigazione nel Canale dei Petroli con scogliere continue di massi di grande pezzatura.
Negli ultimi decenni, a intervalli di qualche anno, si ripropongono – ultimativi, costanti, martellanti – tali tentativi di potenziamento del Canale dei Petroli, di solito evocando emergenze assolute e inderogabili.
Il progetto delle scogliere (già sventato nel 2013 e a cui ci siamo nuovamente opposti nel 2018) non costituisce certo un intervento in linea con la tradizione delle opere lagunari, e soprattutto è contrario alle leggi speciali, al Palav (Piano di Area della Laguna e dell’Area Veneziana) e Piano morfologico vigente, e necessita senza ombra di dubbio della Via nazionale, come previsto dalla legge.
Quindi è contra legem e anche contro il buon senso: sarebbe come se i fortunati abitanti di uno splendido palazzo veneziano invece di restaurare il tetto fatiscente si riparassero con ombrelli d’oro (perché i progetti in esame presso la Commissione di Salvaguardia sono, oltre a tutto, molto costosi) lasciando che affreschi, stucchi, arredi centenari si disfacciano.
Bisogna invece provvedere al restauro della Laguna centrale, come previsto dal Piano Morfologico vigente, con soluzioni di protezione del Canale dei Petroli compatibili, attuate con un sistema di elementi permeabili atti a recepire le energie e i sedimenti mobilitati. Ci si riferisce ad esempio al progetto di Lorenzo Bonometto, pubblicato dall’Istituto Veneto nel 2017, pensato in modo da invertire e non accelerare il degrado lagunare, come disposto dalle leggi speciali.
Il progetto in esame alla Salvaguardia, dunque, sarebbe a vantaggio di pochi (gli operatori portuali e croceristici) e costituirebbe una violazione della legislazione vigente portando a un tragico impoverimento culturale e ambientale per tutti.
Un danno erariale per lo Stato, che la Corte dei conti sarebbe tenuta a giudicare.
Il Consiglio direttivo della Sezione di Venezia di Italia Nostra